Pauline (Charlotte Rampling) torna a Torino – sua città natale – per la prima volta dopo molti anni e riprende contatto con Angela (Maria Grazia Mandruzzato), conosciuta all’estero tempo prima, e che ora dirige un Centro per la maternità. Qui Pauline intraprende una ricerca sulle esperienze e i problemi delle mamme di oggi, a partire da testimonianze, video, fotografie raccolti da Angela. Tra le mamme che frequentano il Centro c’è Emma (Elena Radonicich), una giovane danzatrice, bella e sfuggente, in crisi profonda: non sa come affrontare le responsabilità cui la maternità la costringe, vede la sua vita a un punto fermo, si sente sola e incapace. Tra le due donne si sviluppa un rapporto di complicità che in un gioco di rispecchiamento porterà Pauline a fare i conti con il proprio tragico passato e permetterà a Emma di ritrovare un senso di sé anche nella sua nuova identità di madre.
Dalla Scheda PDF di approfondimento
L’alternanza di fotografie e filmini familiari in bianco e nero, probabili frammenti di memoria, con le immagini a colori della storia in atto ci conferma che siamo appunto in un gioco ancora un po’ misterioso tra passato e presente. La problematica evocata e rappresentata è di quelle radicali: l’atteggiamento materno si basa o no su una forma d’istinto? Essere mamma è un privilegio? Si nasce per diventare mamma? E se si volesse restare figlia? E se ci si sente travolte da una responsabilità che sembra annichilire la propria individualità? E come si può arrivare a uccidere il proprio bambino di pochi mesi? E quando e come si comincia a sentirsi “cattive madri”? La regista ha fatto la scelta d’una narrazione allusiva, per accostamento e accumulo di immagini contrastive, mescolando fiction e documenti di cronaca (storie maledette), creando un’atmosfera psicologica all’insegna del non detto e d’una inquietudine dolorosa. Ciò che viene delineato è un mondo al femminile (“La femme dont il s’agit est un autre nom de Dieu”, come disse una volta Jacques Lacan), dove il maschile non compare se non citato come problema, come accessorio o come figurante superficiale e sbrigativo. Può essere altrimenti?
Dalle Note di regia
Ogni madre conosce quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino. Una tensione dolorosa da vivere e difficile da confessare, perché va contro il senso comune di quel legame primordiale. Con questo film ho voluto raccontare l’ambivalenza del sentimento materno e la fatica che si fa ancora oggi ad accettarla e affrontarla.