Senso

Anno:
1954
Durata:
117

Sinossi

Siamo nel 1866, Livia Serpieri (Alida Valli), per salvare suo cugino, il marchese patriota Ussoni (Massimo Girotti), del quale, anche se sposata a un collaborazionista, condivide gli ideali, avvicina il tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger) che Ussoni aveva sfidato nel corso d’una spontanea manifestazione irredentista durante una rappresentazione del Trovatore al teatro La Fenice di Venezia. Livia non raggiunge lo scopo: Ussoni è comunque costretto all’esilio, tuttavia l’incontro con il bel tenente sortisce l’effetto di farla innamorare. Livia diviene l’amante di Mahler. Quando lui improvvisamente scompare lei, perso ogni ritegno, lo cerca per tutta Venezia. Il marito la segue, non visto, mentre lei si reca a un appuntamento segreto dove spera d’incontrare l’amante; qui trova invece il cugino Ussoni che la coinvolge nei suoi progetti d’insurrezione affidandole il denaro raccolto per l’impresa. Scoppia la guerra e i Serpieri si trasferiscono nella loro villa di Aldeno. Una notte ricompare Mahler: ha bisogno di denaro per farsi riformare, Livia non esita a dargli la somma raccolta dai patrioti. Ussoni è al fronte mentre Livia raggiunge l’amante a Verona, sorprendendolo con una prostituta. Lui la tratta con disprezzo e lei lo denuncia per diserzione al comando austriaco. Mahler viene fucilato.

Note a margine

Il racconto omonimo (1883) di Camillo Boito, da cui è tratto il film, viene proposto a Visconti dalla sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico che lo aveva letto in un’antologia curata da Giorgio Bassani.

La casa di produzione Lux accetta il progetto e Bassani viene coinvolto nella sceneggiatura. Al centro del film, a differenza di quanto accade nel racconto di Boito, è ora il tema del tradimento della propria ideologia da parte di Livia, più che la sua perversità. Senso diviene la storia di due amanti che sacrificano l’amor patrio alla passione.

La censura e la produzione mutilano il film nelle parti che narrano del rifiuto dello Stato Maggiore italiano di far partecipare i patrioti civili alla lotta temendo la loro ideologia e le spinte democratiche che ne sarebbero derivate.  Malgrado questo, le autorità democristiane del tempo fanno pressione sulla giuria del festival di Venezia affinché non accordi al film alcun premio.

Nella sequenza iniziale Visconti enuncia, magistralmente, l’idea portante del film: la prima scena apre sulla fine del terzo atto del Trovatore. L'”establishing shot” iniziale è un totale dell’interno del teatro a favore del palcoscenico, poi la macchina da presa prende ad avvicinarsi alla scena teatrale, inoltrandosi dietro le quinte. Con un’elaborata carrellata combinata a una panoramica ecco che il regista cinematografico (e anche teatrale di provato talento) ribalta  completamente la prospettiva iniziale, collocandosi dietro all’attore e mostrandoci la platea che ora fa da sfondo al proscenio. Visconti suggerisce in tal modo a chi guarda, come si accinga, nel film, a descrivere e a interpretare la società del tempo, spettatrice del melodramma che si svolge sul palcoscenico, così come, incarnata nei personaggi, si rivelerà spettatrice impotente della storia. Si tratta di una sequenza che, nel sottile parallelo tra due finzioni, quella teatrale e quella cinematografica, rappresenta efficacemente il nucleo tematico del film e insieme rivela il raffinato e colto approccio di Visconti alla regia cinematografica.

Artistic Cast:
Alida Valli (Livia Serpieri) Farley Granger (Mahler) Moog Heinz (Conte Serpieri) Massimno Girotti (Roberto Ussoni) Critoforo De Hartungen (Generale) Rina Morelli (Laura) Christian Marquand (Ufficiale) Marcella Mariani (Clara) Sergio Fantoni (Patriota) Goliarda Sapienza (Patriota) Tino Bianchi (Meucci)
Crew:
regia Luchino Visconti soggetto Camillo Boito sceneggiatura Carlo Alianello Giorgio Bassani Suso Cecchi D'Amico Giorgio Prosperi Luchino Visconti fotografia Aldo Graziati Robert Krasker montaggio Mario Serandrei scenografia Ottavio Scotti costumi Piero Tosi Marcel Escoffier
Direction notes:
Il racconto omonimo (1883) di Camillo Boito, da cui è tratto il film, viene proposto a Visconti dalla sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico che lo aveva letto in un'antologia curata da Giorgio Bassani. La casa di produzione Lux accetta il progetto e Bassani viene coinvolto nella sceneggiatura. Al centro del film, a differenza di quanto accade nel racconto di Boito, è ora il tema del tradimento della propria ideologia da parte di Livia, più che la sua perversità. Senso diviene la storia di due amanti che sacrificano l'amor patrio alla passione. La censura e la produzione mutilano il film nelle parti che narrano del rifiuto dello Stato Maggiore italiano di far partecipare i patrioti civili alla lotta temendo la loro ideologia e le spinte democratiche che ne sarebbero derivate.  Malgrado questo, le autorità democristiane del tempo fanno pressione sulla giuria del festival di Venezia affinché non accordi al film alcun premio. Nella sequenza iniziale Visconti enuncia, magistralmente, l'idea portante del film: la prima scena apre sulla fine del terzo atto del Trovatore. L'"establishing shot" iniziale è un totale dell'interno del teatro a favore del palcoscenico, poi la macchina da presa prende ad avvicinarsi alla scena teatrale, inoltrandosi dietro le quinte. Con un'elaborata carrellata combinata a una panoramica ecco che il regista cinematografico (e anche teatrale di provato talento) ribalta  completamente la prospettiva iniziale, collocandosi dietro all'attore e mostrandoci la platea che ora fa da sfondo al proscenio. Visconti suggerisce in tal modo a chi guarda, come si accinga, nel film, a descrivere e a interpretare la società del tempo, spettatrice del melodramma che si svolge sul palcoscenico, così come, incarnata nei personaggi, si rivelerà spettatrice impotente della storia. Si tratta di una sequenza che, nel sottile parallelo tra due finzioni, quella teatrale e quella cinematografica, rappresenta efficacemente il nucleo tematico del film e insieme rivela il raffinato e colto approccio di Visconti alla regia cinematografica.

Selezione film

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