Racconto in sei episodi. Ne Il guappo, Don Saverio, pazzariello del Rione Sanità, vive una vita d’inferno a causa di Don Domenico, uomo d’onore del quartiere. Il presunto infarto del guappo potrebbe risolvere la questione. In Pizze a credito, Sofia e Rosario gestiscono una pizzeria molto frequentata soprattutto per la bellezza di lei; ma la scomparsa della loro fede nuziale manda sulle furie il geloso marito. In quale pizza sarà caduta? In Funeralino, una madre organizza un corteo funebre per il figlio morto, perché almeno nell’aldilà possa godersi una passeggiata da ricchi. Ne I giocatori, un nobile costringe il figlio del portiere a giocare a scopa con lui, per sfogare la repressa passione del gioco. Ma perde sempre. In Teresa, una prostituta vive il sogno di un uomo giovane e ricco che la chiede in sposa. Ma la realtà sul vero motivo di quel matrimonio la metterà in ginocchio. Ne Il professore, Don Ersilio vende la propria saggezza agli abitanti del quartiere per pochi denari. Il caso che lo appassiona di più è quello di un nobile che con la sua auto infastidisce l’intero rione.
Note a margine
Da sei racconti di Giuseppe Marotta (Trent’anni, diconsi trenta – Gente nel vicolo – La morte a Napoli – I giocatori – Personaggi in busta chiusa – Don Ersilio Miccio vendeva saggezza) raccolti nel libro omonimo, L’oro di Napoli è una raccolta di ritratti, bozzetti, schizzi della Napoli della prima metà del ‘900, in cui – senza cadere nel folklorismo – De Sica racconta il popolo partenopeo, gli usi e i costumi, i vizi e le virtù che hanno passato indenni la guerra, superando anche il neorealismo per riscoprire la vitalità delle figure della commedia dell’arte. L’oro del titolo è la pazienza, come dice Marotta, “la possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta”, che il regista mette in scena con grande vis ironica e umorista, con spirito quasi teatrale, nel gusto scenografico (Gastone Medin), fotografico (Carlo Montuori) e di costumi (Pia Marchesi) e confidando su un cast stellare.
Silvano Mangano e Sophia Loren furono scelte dai rispettivi consorti, Dino De Laurentiis e Carlo Ponti – produttori del film – dando un episodio a ciascuna, anche se poi il finale originale dell’episodio di Mangano (Teresa) non dava certezza sul ritorno della donna dal marito, e la mancanza di morale costrinse De Sica a rigirarlo.
Nell’episodio I giocatori, il protagonista in origine non doveva essere lo stesso De Sica: il primo a essere chiamato fu l’avvocato Alfredo Jelardi, principe del foro napoletano che De Sica chiamò per averlo visto in azione. L’avvocato però rifiutò per la vicinanza del personaggio alla propria passione del gioco, e in un corto circuito con la realtà lo interpretò De Sica, anch’egli noto appassionato di gioco d’azzardo.
In concorso al festival di Cannes nel ’55, il film uscì nelle sale senza l’episodio Il funeralino, l’unico tratto da un’idea originale di Cesare Zavattini (che scrisse le sceneggiature con De Sica e Marotta), perché ritenuto troppo deprimente e fu reintegrato solamente nell’edizione dvd Filmauro. L’oro di Napoli vinse 2 Nastri d’argento per le interpretazioni di Silvana Mangano come attrice protagonista e Paolo Stoppa come attore non protagonista. Memorabile il distinguo tra pernacchio e pernacchia che Eduardo De Filippo fa ne Il professore.