Un ragazzo, una ragazza rinchiusi in un enorme edificio abbandonato di un quartiere popolare. L’uno deve sorvegliare l’altra. Lei è la prigioniera, lui è obbligato dal capoclan di zona a fare da carceriere. Malgrado la giovane età, ambedue sono troppo cresciuti. Veronica si comporta da donna matura e spregiudicata, Salvatore da ometto che deve badare al lavoro e alla tranquillità. Così, di fronte alla violenza di quella reclusione, i due giovani hanno reazioni diverse: Veronica scalpita e si ribella; Salvatore è più remissivo e accomodante, non si sa se per paura o per realismo. Sono entrambe vittime ma è come se ognuno desse la colpa all’altro della propria reclusione. Col passare delle ore, però, l’ostilità tra i due si trasforma in un’inevitabile intimità, fatta di scoperte e di confessioni reciproche. Tra le mura di quel luogo isolato e spaventoso, Veronica e Salvatore trovano il modo di riaccendere i sogni e le suggestioni di un’adolescenza messa troppo in fretta da parte. I due ragazzi vivono così un improvviso intervallo dalle loro esistenze precocemente adulte, tentati alla fine di trasformare quella fuga fantastica in una vera evasione prima che la banda venga a presentare a Veronica il proprio verdetto.
Un racconto d’amore spezzato, di poesia calpestata, per narrare le difficoltà di essere adolescenti nella periferia violenta di una metropoli contemporanea. Il primo film “fiction” di Leonardo Di Costanzo, talento del cinema del reale europeo. Scritto con Mariangela Barbanente e Maurizio Braucci, autore di punta della nuova narrativa italiana e sceneggiatore, oltre ad altri, dei film Gomorra e Reality di Matteo Garrone.
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L’esplorazione del posto, magistralmente fotografato da Luca Bigazzi, quasi fosse un giardino segreto rovinato dall’incuria, li fa abbandonare la maschera di guappo e femmina navigata che pensano di recitare e trasfigura l’ostilità iniziale in una specie di complicità, alla fine però interrotta. Chi regna è l’attesa, quel che, come dice Paul Valéry, si oppone specularmente alla sorpresa: questa è dove “quel che è (già) non è (ancora)”, la prima è dove “quel che non è (ancora) è già”. E allora aspettando ci si può dividere l’acqua e un panino, si può scoprire una cucciolata di cani o raccogliere i fiori per la fotografia di una ragazza morta tragicamente, si può restare sul tetto a guardare la città (forse l’unica vera metropoli che esista in Italia) o ritrovarsi come in fondo sono sin dall’inizio su una stessa barca abbandonata nei sotterranei.
Dalle Note di regia
Durante questo lungo laboratorio si trattava di individuare non solo i più bravi e abbinabili tra loro, ma anche coloro che sarebbero stati in grado di assumersi l’impegno fino in fondo e, ancora nei primi giorni di riprese, avevo il timore che qualcuno ci mollasse prima della fine. Invece Francesca e Alessio sono stati incredibili per impegno e disponibilità. Anche in fase di ripresa volevamo che la macchina cinema fosse la più discreta e agile possibile per lasciare agli attori la massima libertà. Con Luca Bigazzi abbiamo deciso di girare, a parte qualche necessario rinforzo nelle notturne, senza luci aggiuntive e con macchina a spalla per poterci adattare noi al modo degli attori di occupare lo spazio spontaneamente.