Una giovane donna giapponese ha quattro giorni per dire addio al figlio di sei anni, di cui ha perso la custodia, a bordo dello yacht della facoltosa famiglia occidentale dell’ex-marito. Sola con l’equipaggio, che ha il mandato di sorvegliarla a vista, la donna affronta la sfida di ritrovare un legame col bambino prima di doversene separare per molti anni.
Last Summer
Sinossi
Trailer:
Artistic Cast:
Rinko Kikuchi (Naomi)
Yorick van Wageningen (Alex)
Lucy Griffiths (Rebecca)
Laura Sofia Bach (Eva)
Daneil Ball (Rod)
e per la prima volta sugli schermi:
Ken Brady (Ken)
Primary Cast:
Crew:
regia
Leonardo Guerra Seràgnoli
sceneggiatura
Leonardo Guerra Seràgnoli e Igort
con il contributo di
Banana Yoshimoto
fotografia
Gianfilippo Corticelli
montaggio
Monika Willi
scenografia e costumi
Milena Canonero
casting
Avy Kaufman
musiche originali
Asaf Sagiv
suono in presa diretta
Alessandro Rolla
montaggio del suono
Daniela Bassani
Marzia Cordò
Stefano Grosso
fonico di mix
Giancarlo Rutigliano
produttori esecutivi
Andrea Manganelli
Olivia Musini
organizzatore generale
Luca Bitterlin
una produzione
Cinemaundici
Jean Vigo Italia
Essentia
con
Rai Cinema
prodotto da
Elda Ferri
Luigi Musini
in collaborazione con
Milena Canonero
Paul Douek
Rony Douek
con il sostegno del
MIBACT
con il contributo di
Apulia Film Commission
distribuzione internazionale
Fortissimo Films
distribuzione
Bolero Film
Direction notes:
«Quattordici anni fa, una donna, seduta sul divano di casa dei miei genitori, non riusciva a trattenere le lacrime. Era venuta a cena da noi insieme a degli amici di mia madre. Era una sconosciuta che piangeva apertamente davanti a degli estranei. Rimasi a guardarla dal bordo della stanza. Provava a raccontare con una voce esile che suo marito le stava portando via i figli. Questo ricordo, rimosso per molti anni, è poi riapparso fino a svilupparsi interiormente e trasformarsi nel soggetto di Last Summer. Con il film volevo indagare la possibilità dell’inizio di un rapporto nella sua fine; raccontare il travaglio di un riavvicinamento. La lotta di potere in cui lo squilibrio di determinate dinamiche sociali rende difficile mantenere intatta la propria identità. Un microcosmo inaccessibile che è luogo di isolamento e coercizione permeato da sentimenti di disorientamento e sconfitta. Una riconciliazione catartica tra il presente e il passato che permette d'imparare a parlare con la propria voce; d’imparare a essere di nuovo madre e figlio, per la prima e ultima volta. Un viaggio in cui quando tutte le difficoltà ingombranti lentamente scompaiono, la mente lascia spazio a sentimenti primari. E nel loro perdurare, la speranza di cambiare il corso degli eventi futuri.
La preparazione del film è stata un viaggio. Di distanze percorse fisicamente col desiderio d'inseguire una condivisione che potesse avvicinare gli interlocutori, che li facesse dialogare con una lingua comune. In questo itinerario che mi ha portato fino in Giappone da Banana Yoshimoto, della quale ho potuto osservare il rapporto dolce e materno nei confronti del figlio, che in Igort ha trovato un punto di svolta e coincidenza inaspettato con in suoi guizzi fuori dall'ordinario, passando alle serate con Milena Canonero nell'ufficio della produzione a discutere di ogni singolo dettaglio in un film per il quale i costumi erano una sfida legata all'essenziale e all'armonia, per poi arrivare a Vienna, vivendola in due stagioni e scoprendo in Monika Willi un centro propulsivo di ispirazione e supporto, in questo viaggiare, ho imparato molto più di quello che potessi immaginare e approfondito la storia che, insieme, avremmo raccontato. Ho compreso dal primo incontro con Luigi Musini e Elda Ferri, che in loro avevo trovato qualcuno che mi dava fiducia e permetteva che io partissi, che cercassi, anche al costo di perdere un'identità. L'esplorazione ha portato all'arricchimento dei livelli interpretativi, ha dato spessori culturali misti al progetto. Avevo il desiderio di capire come oggi, mentre si assiste a uno sgretolamento delle identità nazionali sul web, si crei di pari passo una necessità d'identità culturale maggiore e se questo fosse stato possibile metterlo in discussione subliminalmente in una storia che sia su carta che nella sua creazione s'azzardasse, nella sua commistione, in favore di un centro emotivo universale. Come quando si viaggia e s'incontrano culture differenti e qualcosa in noi resta, poiché in fondo alcune parti sono comuni nonostante appaiano incomprensibili e lontane. E in questo andare, ho cercato di raccontare una storia, che si svolgesse in una unità spazio-tempo, dove condurre lo spettatore, in mezzo al mare, in un non-luogo, lontano da tutto, dalla terra, dalla cronaca, dal pregiudizio: uno spazio in cui ognuno fosse libero di interpretare, di associare le proprie esperienze in un percorso narrativo che non cercasse spiegazioni, ma che vivesse solo del rapporto emotivo tra una madre e un figlio.»
Leonardo Guerra Seràgnoli
Selezione film
La rete degli spettatori porta film di qualità nelle sale e nelle scuole, facendo incontrare il pubblico con registi, sceneggiatori e attori.