Sasà Scimoni è uno spregiudicato arrampicatore sociale, pronto a tradire tutti, dal 1912 al 1948, pur d’ottenere potere e denaro: con trasformismo opportunistico raccoglie documenti compromettenti, diventa socialista e amante della moglie del suo capo, interventista ma riformato, marito parassitario dei soldi della famiglia della moglie, gerarca fascista, poi comunista, produttore cinematografico senza scrupoli e democristiano. Ricatta, corrompe, specula, calunnia, manovra disonestamente gli altri fino a quando un tentativo di corrompere un funzionario lo porta all’inevitabile galera, dove finisce per pagare al posto dei suoi protettori politici. Però, quando esce, è pronto a ricominciare tutto da capo, questa volta camuffato da tedesco che vende lamette da barba.
Note a margine
Dopo Anni difficili e Anni facili, rispettivamente del 1948 e del 1953, questo è il terzo e ultimo film che unisce il sarcasmo di Zampa all’indignazione della penna di Brancati (purtroppo morto l’anno stesso dell’uscita del film). L’interpretazione camaleontica di Sordi, pur misurata, iscrive il film nell’ambito della commedia all’italiana, costruendo un personaggio squallido, cinico e voltagabbana, ma a suo modo anche simpatico, sempre pronto a saltare sul carro dei vincitori. Il film però ha anche occhio spietato e critico sul sistema degli affari e della politica, una «satira di una particolare mentalità e di un particolare costume sociale, che si svolge sullo sfondo di una società in cui l’opportunismo, la prepotenza e l’inganno sono gli unici mezzi per sopravvivere» (Gianni Rondolino), fino a generare il sospetto che chi trami dietro questa corsa alla mera convenienza sia una sorta di carattere nazionale ormai deviato.