Come un mucchio di stracci buttato là, sui gradini dell’altare.
È il vecchio Prete, per tanti anni parroco in quella chiesa che ora non serve più e viene dismessa. Gli operai staccano dalle pareti i quadri dei santi e ogni altro addobbo, e mettono al sicuro gli oggetti sacri più preziosi dentro cofani speciali.
Un lungo braccio meccanico stacca il grande Crocefisso a grandezza d’uomo appeso alla cuspide sopra l’altare per calarlo a terra come uno sconfitto.
È inutile opporsi: nulla potrà fermare il corso degli eventi che l’incalzare delle nuove realtà impongono alla storia.
Quando tutto sarà concluso, il “saccheggio” avrà lasciato un vuoto doloroso, con le pareti nude e l’altare maggiore spoglio come un sepolcro.
Lo sguardo del vecchio Parroco si leva verso il culmine del presbiterio dove la sparizione del Grande crocefisso è il compimento ultimo dell’atto sacrilego.
Tuttavia, di fronte allo scempio della sua chiesa, il vecchio Prete avverte l’insorgere di una percezione nuova che lo sostiene. Gli pare che solo ora, quei muri messi a nudo rivelino una sacralità che prima non appariva.
Da questo momento di sconforto dove tutto pare inesorabilmente e miseramente avviato alla dissoluzione, avrà invece inizio una resurrezione in spirito nuovo della missione sacerdotale.
Non più la chiesa delle cerimonie liturgiche, degli altari dorati, bensì Casa di Dio dove trovano rifugio e conforto i miseri e derelitti. Saranno costoro i veri ornamenti del Tempio di Dio.
E pure la vita del vecchio Prete troverà nuove vie della carità, della fratellanza, e persino del coraggio di compiere quegli atti d’amore che chiedono anche il sacrificio estremo, quale alto significato della consacrazione sacerdotale.
Ha inizio un tempo in cui il mondo ha bisogno di uomini nuovi e giusti per smascherare l’ambiguità di tanto spreco di parole con l’oggettività degli atti e dei comportamenti.