Cinque giovanotti: il presunto intellettuale Leopoldo, l’incallito donnaiolo Fausto, il dubbioso e più maturo Moraldo (l’unico che alla fine lascerà il paese), l’infantile Alberto e l’inguaribile giocatore Riccardo, passano le giornate tra giochi irresponsabili e piccole miserie da perditempo, ma quando una bella ragazza si scopre incinta, il responsabile è costretto a sposarla. Questo non vuol dire però che mette la testa a posto. Si tratta di Fausto e di Sandra, sorella di Moraldo che, stanca dei tradimenti del marito, decide di sparire. Gli amici la cercano, ma cercano anche altre cose: divertimento, lavoro, identità, lunghe chiacchiere e scherzi per passare la giornata, sempre in attesa di qualcosa che non arriva. Quando Sandra ricompare, Fausto sembra essersi ravveduto, ma il suocero decide di dargli una lezione.
Note a margine
Omaggio a Rimini e agli anni della propria adolescenza scanzonata, ossia a quel «tempo amaro e assurdo», come ha detto Ennio Flaiano, il film fa mettere radice nell’immaginario alla parola “vitellone”, data a dei giovanotti borghesi sfaccendati che campano alle spalle delle famiglie. «La noia, la futilità, lo spreco di tempo e della vita stessa, sono descritti con acume, e ironia, ma anche con malinconia e affetto» (Mario Verdone). Il film vinse il Leone d’argento a Venezia e due Nastri d’argento: miglior film e miglior attore non protagonista a Sordi.