In una città del Sud, una Sicilia evidente ma mai nominata, vengono uccisi alcuni magistrati. Delle indagini è incaricato l’ispettore Rogas, che dopo aver scartato varie ipotesi si occupa dei risvolti politici del caso. Nonostante il controllo della squadra politica, Rogas continua le indagini anche a Roma, città in cui i delitti si sono spostati, e scopre che gli omicidi fanno parte di un piano eversivo dell’estrema destra. Vorrebbe informarne il segretario del PCI, ma il potere sa sempre come proteggere sé stesso e occultare ciò che non desidera si scopra.
Note a margine
La strategia della tensione e la longa manus dello Stato dietro gli attentati che scuotevano l’Italia negli anni ’70 in uno scomodo film di Rosi (tratto da Il contesto di Leonardo Sciascia, adattato dal regista con Lino Jannuzzi e Tonino Guerra) che parte come un giallo e diventa un thriller politico dalle venature quasi apocalittiche, comunque inquietanti.
La mostruosità del potere, l’eversione nel seno dello Stato che diede vita alle stragi di piazza Fontana e al successivo tentato golpe Borghese, diventano materia incandescente nelle mani di Rosi che sfrutta tutta la sua precisione di narratore d’inchiesta nell’usare il materiale e l’attualità di quegli anni di piombo per lanciare un preciso atto d’accusa contro i colpevoli delle cosiddette stragi di Stato e dei loro oppositori, pavidi e collusi con il potere.
Un film metaforico e concreto al tempo stesso, presentato fuori concorso al Festival di Cannes, un film che oltre al primo ruolo di Lino Ventura in un film italiano, allinea cameo di livello come quello di Alfonso Gatto come signor Nocio, Florestano Vancini come segretario del PCI, oltre agli artisti Renato Guttuso, Mario Schifano e Mario Ceroli come collaboratori alla scenografia.
Vinse 2 David di Donatello, al film (ex-aequo con Amici miei) e alla regia, oltre a 5 candidature ai Nastri d’argento.