L’albero degli zoccoli

Anno:
1978
Durata:
170

Sinossi

Quattro famiglie contadine, nell’inverno del 1898, vivono nello stesso casolare. Quando Mènec torna dalla scuola (che raggiunge ogni giorno a piedi a qualche chilometro di distanza) con uno zoccolo rotto, il padre decide di fabbricargliene di nuovi e perciò taglia un albero. Ma il padrone della cascina, saputo del taglio, li scaccia e la famiglia s’avvia con il loro carretto. Intanto, una vedova è costretta a fare la lavandaia e il suo giovane figlio fa il garzone al mulino. Nonostante la povertà, esiste comunque la carità verso il mendicante Giopa. Una mucca s’ammala e il veterinario consiglia di macellarla. Ma con un’offerta votiva sembra poi riprendersi. Il vecchio Anselmo trova un modo di far maturare in anticipo i pomodori e la sera racconta ai bambini le sue antiche filastrocche. Il timido Stefano corteggia Maddalena, quasi senza riuscire a parlarle. Ma poi i due si sposano e adottano un bambino orfano. La quarta famiglia è quella di Finard, sempre in litigio tra di loro. Quando il padre, che combatte i problemi d’alcolismo del figlio, trova una moneta d’oro la nasconde, ma più tardi non la ritrova e ha un attacco di rabbia, curato da una ciarlatana con un’antica pozione. Tra i personaggi che passano dal casolare sono da ricordare anche almeno il parroco del paese e un commerciante di stoffe.

Note a margine

Racconto sulla tradiziome fatto in modo non tradizionale, il film ha il sapore del pane fatto in casa, anche per il basso costo di produzione, ma con uno sguardo archeologico sul mondo contadino che mentre ne traduce l’aspetto e l’aria come per osservazione scientifica, non assume tecniche da documentario (pare anzi quasi negare la realtà, verso il presepe, anche se si muove nell’ambito del vero). Alla fine, tra metafora e memoria, è piuttosto un film di ispirazione sul lavoro del cinema stesso, che si può fare, con testarda autonomia, fuori dalle aspettative del pubblico. Tutti gli attori sono non professionisti alla prima esperienza e recitano in dialetto bergamasco. Il film vinse il Festival di Cannes, un David di Donatello (ex aequo con Cristo si è fermato a Eboli di Francesco Rosi e Dimenticare Venezia di Franco Brusati), cinque Nastri d’argento e altri premi in diversi festival.

Artistic Cast:
Luigi Ornaghi (Batisti) Francesca Moriggi (Batistina) Omar Brignoli (Mènec) Teresa Brescianini (Vedova) Giuseppe Brignoli (Nonno Anselmo) Battista Trevaini (Finard) Maria Grazia Caroli (Bettina) Franco Pilenga (Stefano) Lucia Pezzoli (Maddalena) Carmelo Silva (don Carlo) Lina Ricci (Ciarlatana)
Crew:
regia, soggetto, sceneggiatura, fotografia e montaggio Ermanno Olmi scenografia Enrico Tovaglieri
Direction notes:
Racconto sulla tradiziome fatto in modo non tradizionale, il film ha il sapore del pane fatto in casa, anche per il basso costo di produzione, ma con uno sguardo archeologico sul mondo contadino che mentre ne traduce l'aspetto e l'aria come per osservazione scientifica, non assume tecniche da documentario (pare anzi quasi negare la realtà, verso il presepe, anche se si muove nell'ambito del vero). Alla fine, tra metafora e memoria, è piuttosto un film di ispirazione sul lavoro del cinema stesso, che si può fare, con testarda autonomia, fuori dalle aspettative del pubblico. Tutti gli attori sono non professionisti alla prima esperienza e recitano in dialetto bergamasco. Il film vinse il Festival di Cannes, un David di Donatello (ex aequo con Cristo si è fermato a Eboli di Francesco Rosi e Dimenticare Venezia di Franco Brusati), cinque Nastri d'argento e altri premi in diversi festival.

Selezione film

La rete degli spettatori porta film di qualità nelle sale e nelle scuole, facendo incontrare il pubblico con registi, sceneggiatori e attori.