Amedeo, ufficiale in congedo, viene a Roma dal nord ossessionato dall’idea di farsi ricevere dal papa. Pur non avendo le conoscenze adatte, ci prova in tutti i modi, fino ad attirare l’attenzione di un commissario di polizia, Aureliano Diaz. Il fatto è che Amedeo non vuole rivelare a nessuno quel che ha dire al papa, “anche nel suo interesse”. Aureliano a questo punto fa in modo che Amedeo incontri Aiché, una prostituta d’alto bordo, usata nel tentativo di distoglierlo dal suo ossessivo proposito. Attraverso di lei, Amedeo riesce a frequentare teologi e aristocratici dell’alta società romana, ma anche loro, anziché aiutarlo, lo allontanano. Abbandonato da tutti, finisce a dormire sotto il colonnato di San Pietro, dove muore per una polmonite senza aver rivelato cosa volesse dire infine al pontefice.
Note a margine
Di sapore palesemente kafkiano, il film è un apologo beffardo sul mondo della burocrazia vaticana e rivela la ricerca poetica di Marco Ferreri in una delle sue opere più suggestive e politicamente significative. Con tenerezza, incertezza esistenziale e amarezza finale, il percorso di Amedeo (interpretato da un mite e stralunato, ma anche smanioso Enzo Jannacci) è una metafora del desiderio d’avvicinare il potere terreno e celeste, con il dramma delle convenzioni umane e istituzionali che impediscono (facendo barriera) e rendono assurdi i sentimenti reali. Letto in chiave psicoanalitica, il film è anche il mancato incontro con il padre.