1984. Nel settembre ancora torrido di quella provincia rurale emiliana più intrisa di cattolicesimo e socialismo nostrano, Elia vive con i genitori: William, con una forte inclinazione ideologica al marxismo, e Maddalena, fervente cattolica; insieme alla anziana nonna, Maria. Il tempo è quello del raccolto e ad aiutare nel vigneto adiacente casa, dalla città, arriva Emilia, la nipote ormai grande di una coppia di compaesani. La giovane donna decide di tornare per un breve periodo dai nonni di campagna per scrivere la tesi e nel frattempo guadagnarsi un viaggio che ha in mente. Presuntuosa e disinvolta Emilia è una rivoluzione nell’ordine della quotidianità dell’adolescente di provincia. Come se non bastasse, a movimentare il fine estate di Elia, dopo un anno passato in giro per l’Europa, ritorna anche Samuele, il primogenito della famiglia, un ex-settantasettino ora giornalista musicale per l’estero.
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Tutti i temi (amore, adolescenza, scoperta del sesso, cattolicesimo, comunismo, famiglia, campagna-città, omosessualità, masturbazione, ribellione ecc.) sono lasciati a livello di cenni, i racconti e i ricordi ridotti a poche frasi; ma Marco Righi gira bene e non li fa mancare, perché ha capito che quel che conta al cinema è l’illusione, quella che assorbe e precipita, quella che combina e sposta il senso verso l’inaspettato. Combinazione e spostamento (come scriveva in un lucidissimo libro Christian Metz) sono, infatti, la radice stessa del racconto filmico, della sua “assurdità autentica”, appunto, da sogno.
Dalle Note di regia
Ripresa dopo ripresa, mi sono accorto che i personaggi cominciavano a vivere per davvero e avevano come l’esigenza di dimostrare qualcosa ciascuno di loro – che fosse la caparbietà, la riservatezza o la propria intemperanza. Un film delicato e intimo, personale ma non autobiografico, di cui m’interessava la messa in scena più di qualsiasi altra presenza intellettuale. Dall’aspetto narrativo semplice, in cui la priorità è stata di trasmettere realismo a una pellicola che pone come protagonista la propria terra. Volevo entrare fisicamente dentro a quel campo filmico e farne sentire il profumo degli ambienti.