Un pistolero senza nome arriva su un mulo in una cittadina messicana di frontiera, divisa in due fazioni rivali, e vende i suoi servizi al migliore offerente. La vicenda è ricalcata su quella di La sfida del samurai (1961) di Akira Kurosawa, ma le sue fonti sono anche Goldoni e la Commedia dell’Arte (Arlecchino servitore di due padroni) e persino Shakespeare e il teatro elisabettiano di cui riprende l’intrigo machiavellico, l’umorismo macabro, il décor teatrale. Erano già stati prodotti alcuni western in Italia, ma quello di Leone (che nei titoli appare con lo pseudonimi Bob Robertson, in omaggio al padre Roberto Roberti, regista del muto) è il primo western all’italiana che piacque alle platee popolari come a quelle borghesi proprio perché non assomigliava ai western americani. Costato centoventi milioni, incassò quasi due miliardi e fu venduto in mezzo mondo. Il suo successo aprì nuove prospettive nell’impiego della violenza sullo schermo di cui si giovarono altri registi come Peckinpah e lo stesso Kubrick.
(sinossi tratta da ilMorandini – il Dizionario completo dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini)