Conquistato «il posto» di fattorino in una grande industria, Domenico Cantoni, un giovane figlio di operai, proveniente dall’hinterland milanese, tenta di superare il disorientamento derivante dall’impatto con la grande città facendo leva sull’attrazione per una ragazza, Antonietta, che ha partecipato come lui al concorso di selezione. La ragazza si dimenticherà presto di lui. Alla morte di un dipendente dell’azienda, Domenico passerà impiegato, pronto a inserirsi, docile e remissivo, nella realtà sociale del lavoro organizzato. Ritratto del mondo impiegatizio milanese negli anni del boom, Il posto conferma il particolare tocco del regista fatto essenzialmente di toni crepuscolari velati di pietosa ironia (come già nel precedente Il tempo si è fermato), di acume psicologico e rigorosa visione morale.
Note a margine
Stilisticamente più omogeneo nella prima parte in cui prevale il registro patetico lirico, il film vira nella seconda verso un umorismo impregnato di amarezza. Olmi conferma l’opzione antispettacolare del suo cinema, consolidando un sicuro controllo degli strumenti tecnico-linguistico-espressivi: il taglio delle inquadrature, la scelta dei dialoghi, i contrappunti sonori e musicali, la fluidità del montaggio tutto appare più maturo e consapevole. Scritto dallo stesso Olmi, il film vede tra gli interpreti il critico Tullio Kezich (nel divertente ruolo dell’esaminatore psicotecnico). Presentato alla sezione informativa della Mostra di Venezia del 1961, ottenne il premio OCIC e quello del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani.